«Ho trovato qui sul Garda una vecchia villa appartenuta al defunto dottor Thode. È piena di bei libri... Il giardino è dolce, con le sue pergole e le sue terrazze in declivio. E la luce calda mi fa sospirare verso quella di Roma. Rimarrò qui qualche mese, per licenziare finalmente il "Notturno"» scrive d'Annunzio alla moglie Maria in una lettera del febbraio del 1921, cioè pochi giorni dopo il suo arrivo a Gardone; questo breve soggiorno, che nelle intenzioni del poeta doveva essere soltanto temporaneo, nella realtà si trasformerà nel Vittoriale degli Italiani, il libro di pietre vive che impegnerà il poeta per quasi un ventennio e che probabilmente rappresenta la sua più grande opera.