Verso la fine degli anni trenta del secolo scorso (1938 per la precisione) si videro lungo le coste teramane e dell'intero Abruzzo le prime imbarcazioni a motore. Dopo il secondo conflitto mondiale ci fu una grande espansione di pescherecci motorizzati. Con le nuove tecnologie scomparvero le mitiche paranze e una nutrita iconografia collocata sulle vele. La prassi delle vele decorate ha origini antiche. Da tempi lontanissimi trae origine anche la loro struttura morfologica.
Dalle vele quadre, adottate dai Fenici, dai Greci e dagli Etruschi, si passa, nel mare adriatico, alle vele triangolari, di derivazione latina. La morfologia triangolare, infatti, è quella in gran parte impiegata per la struttura delle vele abruzzesi e di tutto l'Adriatico.
I marinai abruzzesi, la data purtroppo non è ancora accertata, hanno sostituito la vela latina con la vela al terzo, in gergo marinaresco definita vela da trabaccolo (Cfr., Carla Gentili, Roma,1989). Vela latina e vela al terzo appartengono alla categoria delle vele da taglio, tipologie che consentivano anche la navigazione contro vento (Cfr. Carla Gentili, op. cit.).
Con la propulsione meccanica scomparvero le paranze con lo scafo di legno imbarcazioni di stampo artigianale in gran parte costruite dai maestri d'ascia di Ortona ( 13 costruttori), di San Vito Chietino, ( 8 costruttori) di Vasto, (3 costruttori) di Pescara ( 4 costruttori operanti sulla sponda sud del fiume Pescara + 4 operanti a Castellamare, cioè sulla sponda nord dello stesso fiume), di Silvi, di Roseto e di Giulianova (Cfr. Gino Albi, Casalbordino, 1915). Il numero dei costruttori fu rilevato dallo stesso Albi nel 1886 (Cfr. Gino Albi op. cit.).
Oltre alle paranze scomparvero,soprattutto, le lancette di Martinsicuro e di Roseto, che rifornivano i pescatori di vettovaglie, in quanto le paranze potevano rimanere a pesca anche per 18 giorni ( Cfr. Paolo Toschi, Venezia, 1946) e le sciabiche di Silvi dalla prua molto slanciata . La citazione,relativa alle schiabiche, ovviamente, non si riferisce alle reti da pesca, che hanno lo stesso nome e che spesso sono tinte, per una più lunga conservazione, col mallo di noce e con la corteccia del pino triturata e bollita, detta in gergo marinaresco teramano " la scurchiette" ( Cfr. Vittorio Sardella, La foglia e lu marusce, Comune di Silvi, 2009), ma ad una imbarcazione slanciata. Se gli scafi erano di produzione locale le vele in tela d'Olona, al contrario, se non erano tessute, tagliate e cucite dalle mogli dei pescatori o degli armatori, si acquistavano dalla ditta Muzio Iommi, di Fermo, che pubblicizzava i suoi prodotti sotto la sigla L'ETERNA la migliore tela per vele (Cfr. Aa. Vv.,Fermo, 2004).
Sulle vele, gli armatori facevano spennellare immagini dai contorni vistosi. Le immagini recuperate sono state da me distinte in due sezioni: astratta e figurativa.
Successivamente ho suddiviso la sezione figurativa in 4 sottogruppi, selezionando e separando i simboli antropomorfi da quelli zoomorfi ; i simboli fitomorfi dai soggetti eteromorfi . Nel complesso decorativo l’universo simbolico raffigurato è reso con figure statiche, rigide e prive della terza dimensione, fatta eccezione per la simbologia dei tre dadi espressa in tre dimensioni, facendo ricorso alla prospettiva assonometrica.
Purtroppo, dalle ricerche relative alle tradizioni locali non è emerso nessun nome di decoratore abruzzese di vele. Ho appreso soltanto, intervistando alcuni pescatori pescaresi, che, per delineare i contorni delle immagini si ricorreva all'uso di piccole scope e non del pennello e che a Silvi marina (come ho appreso dalle notizie fornitemi dal marinaio armatore Marino Frosciacchi) c'era una squadra di decoratori di vele di cui né l'armatore Frosciacchi né altri marinai intervistati a Pescara hanno ricordato i nomi.
Tra i simboli di stampo figurativo abbondavano, specialmente, quelli di carattere religioso. Tra i simboli antichi primeggia ancora con il pentacolo e con l'esagramma l’occhio di Cubia affiancato da motivi di preistorica derivazione, come la ruota raggiata riconvertita in sole splendente; la linea a zig- zag riciclata come dente di lupo o spina di pesce (Chevron); nonché elementi delle passate tradizioni medievali come la stella a 8 punte trasformata in rosa dei venti. Sulle lancette di Martinsicuro ho rinvenuto la torretta di avvistamento, tipica di tutta la costa abruzzese; sulle sciabiche di Silvi ho rinvenuto un cavallo (foto inviatami da Vittorio Scordella, di Silvi) e su una paranza di Giulianova il simbolo del fascismo, elemento che costituisce una rarità tra la simbologia impiegata in Abruzzo e, credo, in tutto l'Adriatico. Inoltre, Guido, custode del palazzo Farnese di Ortona mi ha riferito che su una paranza locale c'era, addirittura, l'immagine di Benito Mussolini. Mi piace ricordare che, nel teramano, alla foce del Vomano, nei pressi di Giulianova e a San Vito Chietino, i pescatori che non disponevano di liquidità, per farsi costruire una paranza, si costruivano il cannizzo, imbarcazione arcaica in uso nel teramano fino al 1980 come afferma lo specialista di imbarcazioni arcaiche Marco Bonono (Cfr., Marco Bonino, Roma 1989).