Accade così: una mattina ti svegli accorgendoti che devi necessariamente cambiare aria.
Vittima della curiosità, di qualche folle ambizione, sogno e delusione. Motivazioni, queste, sufficientemente essenziali, difficili però da far comprendere a chi ti ama più di quanto tu possa amare te stesso. Allora cerchi una scusa, banale. Migliorare l'Inglese, ad esempio. Vuoi convincere e convincerti di questo. Focalizzi su qualche città in particolare. Spulci sul web per farti un'idea. Ti piace. Prendi e vai.
Ti brucia lo stomaco, non sai cosa accadrá di lì a poco ma vivi per quel brivido e godi a starci male. Atterri ovunque sia, il sangue che scorre, ora lo senti. Esci all'aperto, proietti il viso al cielo stringendo in pugno il tuo portafortuna e con un ghigno hollywoodiano auguri al mondo una buona giornata, da oggi dovrai fartelo amico.
E così è accaduto. Ti sei appena reinventato. Da adesso in poi lo farai ogni giorno, ora, minuto, dando più valore alla tua libertà e mescolando la tua anima con quella di mille altre cose (si, ho detto cose!) e persone che andranno a contornare questo tuo nuovo percorso. Coraggio e determinazione in questo folle pensiero. Comunque vada, a conti fatti, ti sentirai soddisfatto.
Sarà bello scoprire tutto il nuovo che c'è. Bello colmare ogni vuoto di te.
In Australia, ad esempio, l'acqua nello scarico del water gira in senso opposto rispetto agli scarichi nell'emisfero boreale. Leggenda metropolitana o no che sia, di certo non sarà quello il motivo che ci spinge ad arrivare fin qui. Situazione confusa in Italia, evidente. Colpa nostra e di una classe politica troppo "normale" per governare un paese di eroi. Forse. Scusa notevole per fare le valigie e andare, ma ancora una volta non sarà questo il vero motivo di una partenza.
Detesto la tesi del "in Italia non c'è lavoro" o del "in Italia non c'è futuro" avvalorata dagli ipocriti che poi, nel caso dell' Australia ad esempio, pur di guadagnarsi un altro anno di permanenza con un visto lavorativo, accettano di adoperarsi nelle farm del Queensland raccogliendo banane, uva o altri generi di frutta e vivendo in alloggi occasionali in condizioni igieniche abbastanza precarie. Meglio non generalizzare, ovvio, però mi chiedo se nel proprio paese chiunque sarebbe disposto a sopportare queste condizioni, pur di lavorare. No. Eppure di uva e frutta da cogliere ce n'è tanta. Allora qualcosa non torna. Ci si lamenta della mancanza di occupazione ma fondamentalmente il divano di casa e la "paghetta" dei genitori tirano più di un qualunque lavoro.
Personalmente, detesto chi, una volta riempite le tasche con qualche soldo guadagnato all'estero, infanga il proprio paese in evidente difficoltà condannandolo ad una morte prossima e assoluta sorseggiando il miglior caffè Espresso che la città straniera possa offrire loro e frugando nella borsa che contiene Curriculum Vitae destinati agli archivi dei migliori locali Italiani.
Si, perchè inevitabilmente siamo ovunque. l' Italia è ovunque e porta la civiltà nel mondo grazie alla sua unica e antica cultura, forma i "nuovi mondi", grazie alla sua storia. E loro apprezzano. Loro ci adorano. E prendono solo il meglio da noi.
Rifiutiamo una vita tranquilla, almeno per ora. Vogliamo scottarci, farci del male, rovinarci anche il fegato se necessario, nostalgici e malinconici, difettosi eroi alla conquista delle nuvole. Viviamo per il cambiamento e per l'ansia che ci logora nell'attesa che esso avvenga.
Impariamo da queste esperienze. Guardiamo il nostro paese da lontano e sogniamo di tornarci presto per curarne le ferite, che dall'ester(n)o si riscontrano meglio.
Impariamo stando seduti in un ristorante, accanto un tizio che mangia con due bacchette. Per strada,ammirando un aborigeno che disegna l'asfalto. In un supermercato, davanti ad uno scaffale con del cibo mai visto. Impariamo conoscendo gente, distinguiamo pian piano le maschere dai volti, apprezziamo usanze e costumi. Arricchiamo il nostro cassetto dei segreti aspettando che si trasformino in ricordi per poi riaprirlo in presenza dei nostri nipoti. Impariamo che in fondo questo mondo è davvero piccolo, e ora non ci basta più.
Tutti, almeno una volta nella vita dovremmo andare, curiosi di vivere un pò di più del solito.
Stiamo prendendo la rincorsa più lunga che ci sia per rifare un salto nelle nostre radici. E non ci interessa ricadere di piedi. Quel che più conta è che toccando terra si senta il rumore.