Se consideriamo l’oggettiva gravità dei problemi che affliggono il territorio, un amministratore oculato e illuminato, quanto meno si porrebbe dei dubbi, prenderebbe in considerazione di riformulare la decisione
Nella logica del “volemoce bene” e della deprecabile propaganda empatica, che fa andare in brodo di giuggiole la classe politica abruzzese, (perché implica la gratuita acquisizione di consenso elettorale senza fare nulla per meritarlo), la sbandierata via verde dei trabocchi si realizzerà. Almeno questa è la notizia ormai conclamata nelle ultime settimane. Altrimenti, il prodigo finanziamento stanziato dalla regione Abruzzo in favore della provincia di Chieti, (pari a oltre 13mln di euro nell’ambito del programma attuativo regionale Par-Fas 2007-2013), sarà revocato. A tirare un sospiro di sollievo, per questa sontuosa opera, di dubbia utilità, sono in pochi: i politicanti fautori, che credono di aver toccato il cielo per quanti meriti si sono riversati addosso; i progettisti che incasseranno munifiche parcelle; l’impresa che risulterà aggiudicataria degli oltre 10mln di euro a base d’asta e… la conta è bell’e finita. Tutto qui!
Di questa faraonica realizzazione, se ne parla da molti anni: da quando l’arretramento della linea ferroviaria adriatica ha generato un’area di risulta di straordinario valore paesaggistico, sulla quale si svolgeva il precedente tracciato. In men che non si dica, la questione ha assunto un’importanza vitale per il territorio interessato, tanto che i politici hanno preso la palla al balzo e si sono gettati nella mischia senza un minimo di conoscenza del problema e senza avere la più pallida idea di come affrontarlo. Nel 2013, si è verificato il miracolo: un accordo olimpico, scaturito da un’ispirata partecipazione, tra tutti gli amministratori comunali, provinciale e regionali, concretizzato nella stipula di una convenzione che impegnava tutti a condividere questa stupefacente opera.
Ovviamente, una rigida e bislacca incastellatura burocratica, ha ingabbiato le volontà, ha reso irrevocabili le decisioni, ha imposto il sicuro impiego (pensiamo sia più giusto dire sperpero), del denaro necessario che, per il Par-Fas, per la regione e per tutti gli organismi coinvolti, è diventato finanziamento a destinazione obbligata.
Non vogliamo discutere sulla utilità o meno dell’opera, (ma lo faremo più avanti, perché il denaro impiegato è ingente ed è pubblico e, dunque, appartiene alla collettività). Vogliamo stigmatizzare un aspetto, diciamo così, concreto, che la politica becera dei politicanti miopi, non riesce a scorgere neanche con la lente d’ingrandimento. Se soltanto inquadriamo il territorio della via verde in una prospettiva di “ambito turistico” e pensiamo alle emergenze ambientali, (per esempio, depuratori non funzionanti e scarichi incontrollati); alle carenze infrastrutturali, (per esempio lo stato vergognoso in cui versano le strade e la cronica carenza di sicurezza); all’arretratezza di tutti i servizi pubblici, (per esempio, trasporti e sanitari); alla inadeguatezza del sistema turistico locale, (per esempio, assenza di itinerari, percorsi e officine di conoscenza del contesto paesaggistico); all’evanescente gestione delle risorse paesaggistiche, (per esempio, consolidamento, erosione della costa, abusivismo edilizio), che affliggono il tratto di territorio della via verde dei trabocchi, come facciamo a non chiederci se non sia il caso di dirottare queste risorse per risolvere definitivamente, almeno qualcuno di questi annosi problemi? La risposta della classe politica la conosciamo: non si può, non è possibile!, perché… e via a snocciolare ragioni arzigogolate, a rimuginare problemi burocratici, la solita, odiosa, insopportabile burocrazia, che nella logica del cittadino impegnato in una qualsiasi attività economica, o sociale o produttiva in questo ambito territoriale, non fa breccia, non convince. I cittadini guardano il concreto della realtà, l’utilità effettiva e sistematica di un’opera pubblica. Non si soffermano sulla burocrazia e quando sono costretti a farlo, cadono le fondamenta delle loro convinzioni, perché la burocrazia altro non è, che la degenerazione della logica, l’ostacolo di fronte al quale tutti si arrendono. Invece, non dovrebbe essere così.
Se consideriamo l’oggettiva gravità dei problemi che affliggono il territorio, un amministratore oculato e illuminato, quanto meno si porrebbe dei dubbi, prenderebbe in considerazione di riformulare la decisione, in modo da essere certo di operare in favore della collettività. Purtroppo, questa auspicabile evenienza non si verificherà, ne siamo certi. Così saremo messi, come si dice in questi casi, di fronte al fatto compiuto (anzi, quasi compiuto, perché bisognerà seguire tutta la procedura), dovremo accettare per “buona” un’opera che, sostanzialmente, non serve a nulla, se non a far felici i soggetti che abbiamo elencati prima.
Qualcuno si è posto il problema di come si colloca questa fantomatica via verde dei trabocchi nel contesto? Qualcuno ha valutato uno, che sia uno degli aspetti che potrebbero indurre a un ripensamento? Qualcuno si è posta la domanda su ciò che pensano i cittadini su quest’opera? No.
Non possiamo astenerci dal sottolineare l’inutilità di questa inutile “cattedrale nel deserto” e crediamo che siano in pochi a essere convinti del contrario. Diceva Ovidio, poeta italico, nostro corregionale: nulla è più utile di un’opera che non ha nessuna utilità.