Era partito tutto per recuperare il concerto e gli spari di chiusura del lunedì di Perdono ed è venuto fuori un vero e proprio #perdonoreplay.
Mi ritengo tutto sommato soddisfatto. Soddisfatto di avercela messa tutta e di essermi impegnato al massimo per regalare ad Ortona una tre serate di intrattenimenti artistici che cercassero di accontentare ogni generazione ed ogni gusto musicale.
Gli Anemamé con il loro reggaefolk all’abbruzzese, il dj set in chiave rock dai ragazzi di “Radio cadafè quiss”, Dj Crasty con un salto nel mondo dance, i Nobraino band di nicchia del panorama indie rock italiano ed i Cantori di Ortona con la classica ed intramontabile canzone popolare ortonese con gli artisti di strada ed i giocolieri per i più piccini.
Tutto sommato una bella tre giornate con una buona affluenza di persone. Resto però rammaricato poiché con il passare degli anni mi convinco sempre più del fatto che l’Ortonese “tipo” è un soggetto altamente ambiguo.
Invidia l’estate musicale francavillese e quando gli organizzano musica sotto casa aspetta la mezzanotte per chiamare i carabinieri, con la scusa che quello non era il genere di musica che preferiva.
Aspetta tutto l’anno che arrivi l’estate per vedere i “turisti”, e quando quasi per magia appaiono due facce nuove in città: si meraviglia e guarda l’orologio, -“uh, ma sono le tredici in punto!”, abbassa la saracinesca e torna a casa. Non importa che abbia un bar, una tavola calda o un negozio di souvenir in P.zza San Tommaso, il pranzo qui da noi è sacro.
Andiamo sventolando il Montepulciano d’Abruzzo come una bandiera rossa alla festa dell’unità, poi andiamo al bar e prendiamo uno Spritz che fa molto più Milano.
Ci lamentiamo perché i politici che ci governano da quarant’anni sono sempre gli stessi, e fanno sempre gli stessi errori. Poi torniamo a votare e con il naso tappato riscrivendo sempre gli stessi nomi.
La cosa che mi rincuora è il fatto di aver viaggiato un po’, e vuoi per lavoro e vuoi per spasso, ho avuto modo di confrontare il mio punto di vista con quello degli altri abitanti del mondo; si il mondo, perché l’ortonese “tipo” non crede nel mondo: ha una visione “ortonacentrica”.
A mio avviso oggi Ortona non ha una vera identità: non è una città turistica perché il turismo non si crea a braccia conserte aspettando che qualcuno per qualche assurdo motivo venga a trovarti; sul turismo si investe. Ortona non ha una identità commerciale perché qualsiasi iniziativa proposta dai privati, nuoce gravemente al turismo che noi tanto aspettiamo a braccia conserte.
Ortona non ha vocazione agricola perché le svariate cantine presenti non si uniscono in consorzi e poli di innovazione tecnologia per recepire fondi europei finalizzati alla internazionalizzazione dei loro prodotti.
Ortona ha bisogna di essere amata e di essere guidata. Ortona ha bisogno di un progetto di crescita e sviluppo a medio e lungo termine e non di piccole iniezioni di fiducia finalizzate alle campagne elettorali. Ortona ha bisogno di aprire gli occhi e allargare gli orizzonti.
Avrei detto che oggi Ortona è un paese dove nascere, ma ahimè non posso, a causa della chiusura del punto nascite. Resta comunque un paese bellissimo dove crescere; crescere e poi partire in cerca di futuro, quel futuro che qui sai di non poter mai realizzare. Magari puoi tornarci per trascorrere una beata pensione, sempre se non ti organizzano concerti sotto casa.
Sono d’accordo con gli ortonesi, siamo il paese più bello da abitare, ma nell'età delle ambizioni non è un paese dove poter puntare sul proprio futuro.
Bisognerebbe cambiare mentalità tutti insieme, e darci una identità collettiva che forse non abbiamo mai voluto. Credo che sarebbe il caso: evviva San Tommaso.
Andrea Marinelli